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MARINA LENTI

Dal 2009, curiosità e approfondimenti sul mondo di Harry Potter e sul genere Fantastico

L’ULTIMO NEMICO SARA’ LA MORTE

Si registra, negli ultimi anni, un boom di letture in chiave teologica della saga di Harry Potter. Una controtendenza, rispetto all’atteggiamento della Chiesa agli esordi della saga, che non può che farmi piacere, poiché è segno che se ne sono finalmente compresi i suoi positivi valori fondanti. Ciò, probabilmente, è dovuto anche al fatto che moltissimi i sacerdoti odierni appartengano ormai alle generazioni cresciute proprio a ‘pane e Harry‘  e quindi non nutrono, nei suoi confronti, sciocchi pregiudizi costruiti su esegesi bacucche, fuorviate e fuorvianti, quando non addirittura deliranti.

L’ultimo nato, in questo nuovo trend, è il  saggio a firma di Don Riccardo Maria Formicola, intitolato ‘L’ultimo nemico sarà la morte’, che affronta i temi principali trattati dalla Rowling nella sua saga, accostandoli agli analoghi valori cristiani, così come essi vengono affrontati nei Vangeli.

Si parte con concetto di Maternità e di come sia stata vissuta da Lily e la Vergine Maria in funzione di protezione del proprio figlio.
Si prosegue col concetto di Paternità, con una disamina su come San Giuseppe come egli abbia saputo pienamente incarnare il ruolo, nonostante non fosse il padre biologico di Gesù, e si osserva, in proposito, come oggigiorno si è perso il senso di questo ruolo, accostato al fatto che Harry è all’eterna ricerca di figura paterna. A questo riguardo, tuttavia, non condivido l’affermazione secondo cui “la saga fa esplodere in Sirius  il desiderio di vivere pienamente ciò di cui è stato privato: la paternità”. A mio avviso, Azkaban ha bloccato la crescita psicologica di Sirius, impedendogli le esperienze di maturazione dei suoi coetanei ed egli vede quindi in Harry non un figlio maato, quanto, piuttosto, un James redivivo. Quindi un compagno di avventura suo pari. Non a caso Molly Weasley riprende spesso Black, ricordandogli che Harry non è, appunto, James.
 
Il saggista esamina poi il concetto di amicizia e cerca di darne una definizione compiuta, anche alla luce del dettato evangelico, per poi esaminare le caratteristiche dell’amicizia che è il collante fra il trio Harry-Ron-Hermione.
Si passa poi ad analizzare l’ essenza del Male e il ruolo rivestito da Voldemort quale suo emissario, specificando un punto importante e mai abbastanza enfatizzato: ogni Cattivo, nella propria Storia, non ha percezione di essere cattivo. Ha degli occhi obiettivi e motivazioni che, dal suo punto di vista, hanno perfettamente senso.
L’autore accosta poi alcune caratteristiche di Voldemort a Satana: a mio avviso, una comparazione troppo azzardata, che si traduce in una forzatura.
 
Più a fuoco, invece, il discorso su Severus Piton. Anche qui viene enfatizzato un elemento spesso incompreso fra gli ammiratori del professore di Pozioni: Piton cambia casacca, ma la sua motivazione di fondo resta sempre uguale ed è l’odio, non l’amore per Lily. Piton infatti accetta di aiutare Silente solo in virtù dell’odio che prova ora per Voldemort, reo di avergli ucciso l’amata.
Aggiungo, a riguardo, una mia personale osservazione: se avesse amato davvero Lily con la totale comprensione di questo sentimento, Piton avrebbe rinunciato per lei alle Arti Oscure e alla sua affiliazione coi Mangiamorte. Invece, sull’amore ha prevalso l’ambizione personale, quella stessa sete di Potere cui anche Silente ha ceduto.
L’autore del saggio prende quindi in esame, per analogia e in coerenza con l’ impostazione di fondo del volume, la figura del traditore per eccellenza, Giuda, dettagliando le ragioni del suo tradimento.
 
Vengono affrontati inoltre i temi del coraggio e del sacrificio e naturalmente non ci si può esimere, sotto questo aspetto, dalla comparazione cristologica fra Harry e Gesù, che la stessa Rowing ha apertamente ammesso.
 
Da ultimo, viene sviscerato il tema dell’educazione, non solo quella strettamente scolastica, ma anche quella più ampia alla vita, in cui genitori ed educatori dovrebbero fungere da maestri. Naturalmente, non può non venire in esame il ruolo del Maestro per eccellenza della cristianità e quindi l’attenzione si sposta definitivamente sulla figura di Cristo.
 
Il saggio, nella sua totalità, rappresenta una disamina certamente  interessante. Tuttavia, in virtù del suo focus strettamente e rigorosamente evangelico, lo ritengo maggiormente fruibile per il lettore credente oppure per lo studioso o l’esegeta della saga potteriana (che, in quanto tale, è tenuto a conoscere tutte le possibili chiavi di lettura della saga). Nutro invece perplessità per un pubblico più generalista.